Paolo Volponi sulla guerra

PAOLO VOLPONI

Discorso al Senato contro la guerra del Golfo (1991)

Questo è stato un secolo sanguinario e noi di questo secolo siamo forse quelli che più di altri hanno ucciso: milioni di morti in guerre ripetute che praticamente non sono mai cessate ma che si sono una all’altra legate o diramate. Milioni di morti in questo secolo e non abbiamo imparato niente; anzi, alla fine del secolo noi riaccendiamo una grande battaglia come a volere che anche il secolo seguente, il millennio successivo siano avvolti dai fuochi della guerra. Questa mi pare veramente una dura regressione, un nonsenso che comprometta la nostra stessa civiltà, la nostra umanità, il senso stesso della vita e della storia.

Abbiamo visto la cultura dominante regredire: siamo tornati ai tempi scuri di cattivi poeti che cantavano la guerra come «igiene del mondo», o dei cattivi pensatori, o «mezzofilosofi» che stavano a dissertare sulla giustezza di una guerra e sulla sua necessità imprescindibile, come se questi non fossero i termini, invece, usati da culture che annientavano la qualità della nostra civiltà e che hanno trascinato il nostro e tanti paesi in conflitti inutili, sanguinari, che hanno compromesso la vita dell’umanità e quella stessa del pianeta.

Pensiamo a come vivono il Terzo ed il Quarto mondo: sono essi messi in questa condizione dal fatto che il resto del mondo, quello che si dice civilizzato, ha investito le migliori proprie risorse solo nella costruzione di bombe, di armamenti; da cinquant’anni non si costruiscono che bombe: il comunismo, il socialismo, sono finiti anche perché si sono messi, nei termini del capitalismo, di fatto a produrre anch’essi bombe, perché una bomba salvava dall’altra bomba ed il mondo è rimasto praticamente dominato, schiacciato dalle bombe. E le bombe non sono state fabbricate invano. Oggi questa economia di guerra conclude finalmente le sue operazioni con una guerra: l’occasione è stata trovata.